Camminava lungo la spiaggia in cerca di una melodia. Le onde si riversavano e si ritiravano sulla sabbia. Sembravano il respiro di un gigante che cambiava forma. Ogni tanto raccoglieva una conchiglia e la teneva all’orecchio, per sentire se ci fosse una canzone dentro. Niente. Il vento continuava a giocare con le onde, che rubavano le orme che aveva lasciato. Prese un’altra conchiglia, una particolarmente bella, con linee arancioni e curve armoniose. Pareva il lavoro di un artigiano che aveva dedicato la vita alla creazione di queste strane forme.

Quando era piccolo, sua madre gli raccontava delle fiabe. Quelle che parlavano del mare erano le sue preferite. Sembravano mondi paralleli abitati da creature favolose, creature che inseguivano piani segreti, provenendo dal punto più profondo dell’oceano, dove i regoli degli uomini non si applicavano.

Lei diceva:
— Ogni giorno, sulle spiagge, avviene un baratto tra l’uomo e il mare. Le onde ci lasciano conchiglie in cambio delle orme. Le conchiglie sono state fatte a mano da un uomo sull’Isola d’Elba e le ha dipinte una donna…

Però era solo una storia, una delle leggende del suo paese che, con il passare degli anni, aveva perso la sua magia. Pensava che le conchiglie custodissero i loro segreti e non li lasciassero sentire a chi vive solo nella dimensione della ragione. Camminando vide una barca, ancorata vicino alla riva. Galleggiava quasi immobile, come se stesse aspettando qualcuno. C’era un uomo anziano a bordo, con la pelle bruciata dal sole e uno sguardo che sembrava conoscere il fondo delle cose.

Il ragazzo si avvicinò alla barca. Sul fianco, in lettere sbiadite, c’era scritto: Surprise.

L’uomo lo fissò e disse, brusco:
— Che c’hai? Hai visto un fantasma?
— Ah, no — rispose il ragazzo. — È solo che… sono affascinato dalla barca. E dal mestiere. Diventano sempre meno i pescatori di una volta…

L’uomo alzò un sopracciglio.
— Io non sono un pescatore. I pesci sono miei amici, da sempre. In realtà faccio le conchiglie. Vedi queste?

Prese una cassetta piena di gusci bianchi, tutti uguali.
— Modello standard. Due mesi per una. Tre, se c’è vento contrario. È un lavoro faticoso. Estenuante.

— Wow, che bel mestiere… — disse il ragazzo, sincero.

Il vecchio scosse la testa.
— Bah! Alla fine viene solo disgusto. Odio, perfino. Butto tutto in mare. E finisce lì.

Il ragazzo rimase in silenzio. Poi l’uomo aggiunse, con voce più dolce:
— Ce n’era una, sull’isola del Giglio. Le dipingeva, sai? Tutte diverse, tutte strane. Poi un giorno ha detto che voleva fare qualcos’altro da grande.

— Da grande! Che strano modo di dire… come se ci fosse un momento preciso in cui si diventa qualcosa. Ora cosa fa?

— Ora suona l’arpa dalla mattina alla sera. E non chiede più nulla a nessuno.

Il ragazzo rise piano. Ma chi erano, questi pazzi? Che non facevano niente di utile?

Il vecchio lo guardò serio.
— E tu? Cosa vuoi fare da grande?

Il ragazzo esitò.
— Ma che domanda stupida… Sono già grande. Solo che… non ho ancora trovato la mia strada.

L’uomo alzò le spalle, con un’espressione amara.
— Non esistono strade giuste. Solo punti di partenza. Uno dopo l’altro.

Il ragazzo si sentì spiazzato. Quel vecchio non sapeva niente di lui, delle sue battaglie, del suo tempo che scivolava via. Ma l’uomo colse il suo sguardo smarrito e disse:
— Tu cosa cerchi? Ti ho visto guardare la sabbia come se ci fosse scritto qualcosa.

Il ragazzo arrossì.
— Ah, niente di particolare… — poi prese coraggio — Cercavo solo delle conchiglie che contengono canzoni.

Il vecchio sorrise.
— Ah, quelle. Servono orecchie speciali.

Continuò a camminare sulla spiaggia, con una nuova leggerezza. Le mani trasparenti delle onde continuavano a prendersi le orme, cancellando i suoi passi. Raccolse un’altra conchiglia, grande, a spirale, simile al guscio di una lumaca di mare che aveva abbandonato la sua casa. La portò all’orecchio. Per un attimo, sentì un sussurro. Era la voce della donna che le aveva dipinte? Sorrise e poi corse verso casa, le scarpe in mano e la sabbia fra le dita. Non sapeva ancora cosa volesse fare da grande — ma sapeva che aveva una canzone da scrivere. E una voce che lo guidava, sussurrandogli di portarla lontano, di farla arrivare in tanti porti.

— ispirato dalla canzone Cosa faremo da grandi? di Lucio Corsi